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WWOOF EMILIA #2

Da subito capisco che al Grande Capo non stiamo simpatici, sarà perché siamo italiani, sarà perché siamo belli e puliti, fatto sta che tutto ciò che facciamo noi (e anche gli altri italiani presenti) è sbagliato, quello che fanno i crucchi è perfetto. E lei è crucca. 
Amen. Preso atto di ciò la guerra non tarda ad arrivare. Andrea viene visto mangiare 4 mele grandi quanto albicocche e il Crucco Puzzolente va a fare la ''spia'' al Grande Capo dicendole che avrebbe piacere anche lui di mangiare la frutta ma siccome Andrea ne mangia così taaaanta lui non se la sente. Arriva in difesa il Grande Capo che prende Andrea in disparte e gli comunica con toni inappropriati che non deve più osare farlo, che la frutta è per tutti, che se fa colazione con la frutta (ripeto quattro mele minuscole) è bene che se la compri da sè (ma non stiamo lavorando per avere vitto e alloggio? mi sfugge qualcosa). Andrea le fa presente che non beve nè mangia altro e che quindi quelle quattro meline hanno un costo quasi paragonabile a tutto ciò che si spazzolano i tedeschi e che non gli sembra affatto giusto. Nein. Sbagliato. Non osare mai più. 

Andrea torna da me con la coda tra le gambe (io non ho assistito a questo teatrino) e mi parte l'embolo. A cena chiedo spiegazioni circa la regola che sta alla base del nostro lavoro in cambio di e mi viene detto che c'è stato un errore di comunicazione, che non le era stato specificato che le mele erano del tipo piccolo e non di quelle grandi (vi invito a riflettere sul livello di follia!) ma ciò non toglie che i fondi sono quelli che sono e che possiamo tranquillamente andare al supermercato se abbiamo esigenze particolari (certo, in un'azienda agricola tu pretendi di mangiare frutta, come osi?). Aridaje oh! Io mi spacco la schiena a seminare questo mondo e l'altro e manco ho diritto a mangiare meno degli altri (vedeste che colazioni si facevano quei maledetti). La invito ad usare dei toni diversi quando parla con me perché non ne ha il diritto. Nemmeno il tempo di tornarmene in casa che sento bussare: B. e M. vengono a dirmi di non prenderla sul personale, che lei è fatta così e che è per questo che la gente scappa, che ho fatto benissimo a parlare in quel modo perché l'ho destabilizzata giacché loro hanno ormai perso le speranze e la lasciano fare. Gente adulta, vi ricordo.
Una mattina mi avvio in cucina e trovo sul tavolo un barattolo di marmellata homemade destinato alla vendita con su scritto un biglietto IN ITALIANO ''chi ha aperto questo inviolabile e fottutissimo barottolo di marmellata pregiata e insipida?'', io basita (mi sono venuti i brividi al ricordo di Jabba e dei biglietti minatori che lasciava in giro per casa; unica differenza: il GC ha 35 anni non 19) faccio comunque finta di nulla giacché la marmellata mi fa schifo e come direbbe Mourinho ''no è problema mio''. Lei infastidita dalla mia indifferenza, mi riprende con ''hai letto?'' (e qui mi sarei alzata e l'avrei picchiata a sangue perché credetemi quando vi dico che sono arrivata a pensare cose che nemmeno immaginavo), io con toni pacati e senza guardarla le ricordo che non mangio marmellata (dovrebbe saperlo dal momento che scruta ogni singolo nostro movimento), che data la sua età dovrebbe lasciar perdere i post it in favore di dialoghi più pacifici.
Il GC non si arrende, vuole proprio rendere la mia permancenza un inferno! A tavola (che sia pranzo o cena, che sia lì presente o che sia a km di distanza) non fa che controllarci e riprendere Andrea quando - secondo lei - si è servito una porzione troppo abbondante di cibo. Sempre. Per dieci fottutissimi giorni, riprende Andrea con ''aspetta, fai prendere prima agli altri'', col risultato che noi siamo lì affamati mentre il Crucco Puzzolente si impossessa della padella e, privo di galateo, la mette tra le cosce e la ripulisce col dito.

Io, il vecchietto tedesco e M.
Avrei altre situazioni imbarazzanti da descrivervi ma vi racconto le migliori, sappiate solo che per dieci giorni (sì, siamo scappati prima) mi sono dovuta sorbire: gente che mastica rumorosamente, gente che affonda la testa nei piatti per leccarli, rutti, peli nei piatti, condizioni igieniche inesistenti, pipì raccolta con la stessa salvietta utilizzata per pulire i tavoli (i bambini andavano in giro senza pannolino e scalzi), gente che urla ''devo cag*are, è libero il bagno?'', ''devo pulire il c*lo di mia figlia, fatemi largo'', etc... In casa si cammina scalzi e con quegli stessi piedi si sale sulle sedie, sui divani.
Voi magari ridete, magari pensate non ci sia niente di male (e vi invidio, sappiatelo!) ma per una come me tutto questo è stato troppo, a volte dovevo voltarmi dall'altra parte per non guardare e vomitare. Vi assicuro che dopo qualche giorno non ci fai più caso e difronte al Crucco Puzzolente che risucchia rumorosamente il vino caduto su un ripiano con 3cm di polvere ti indigni e ti domandi se non sei tu l'aliena schizzinosa e perfettina. 
Al mio turno di pulizia GC mi mostra come utilizzare l'argilla per lavare i sanitari, mi accorgo che non cita la doccia e alla mia domanda risponde ''non stare a pulirla tanto ci entriamo con i piedi''. Non aggiungo altro, la vista mi si è annebbiata, ho pensato a 24 piedi luridi e... basta basta!
Crucco Puzzolente non si chiama così mica per caso, è allergico all'acqua, quando passa ti sembra di essere sul set di Walking Dead con l'unica differenza che lì le carcasse sono finte e profumano di rosa canina. CP puzza terribilmente, lavora sodo nei campi con i sandali (io reputavo i miei stivali viola fin troppo corti), suda, ha i piedi neri e un'unghia che non vi racconto (ce l'ha mostrata fiero a tavola e dio solo sa come ho fatto a non urlare!) e non si lava. Va a letto in quel modo (io mi auguro che quei due non siano trombamici nel senso letterale del termine) e la mattina te lo ritrovi con le stesse macchie di sporco. 
CP è da cinque mesi in Italia e capisce bene l'italiano pur non avendolo mai studiato (qualcuno mi dica come è possibile! qualcuno mi dica che tornerò dall'Australia con un inglese che lèvate!). Come l'ho scoperto direte voi. Un pomeriggio ero nell'orto a seminare barbabietole con M. (la vedete in foto, mi manca la sua dolcezza, la sua esuberanza, ci siamo divertite un sacco insieme) e tra una confidenza e l'altra (ignara del fatto che quel Crucco maledetto stesse ascoltando) mi sfogo un po' circa l'esperienza wwoof fatta in Abruzzo con tanto di ''qui non mi sembra tanto diverso, non sto mica bene, se devo stare male tanto vale che me ne vada a casa''. Finiamo il lavoro, vado a bere e non faccio nemmeno in tempo a rimettere piede nell'orto che B. (ve ne ho parlato all'inizio dell'altro post, simpatico e umano rispetto agli altri) mi fa ''Emy ho sentito che.. forse dovremmo parlarne'' ''no B. tu non hai sentito un bel niente, ti hanno riferito'' ''bè sì, uhm, a dire il vero''. Non so cosa mi abbia trattenuta (again!) dal prendere il Crucco e picchiarlo. Fatto sta che per me da quel giorno CP è un uomo morto e non gli rivolgerò più parola.

Ultima cena e come sempre i crucchi parlano tra loro in tedesco, senza minimamente rendersi conto della nostra presenza (per me è mancanza di educazione, correggetemi se sbaglio!) tanto che è difficile  persino per me rivolgermi ad Andrea senza urlare pur di avere un minimo dialogo (sebbene mi abbiano insegnato che quando si mangia non si parla ma si sa che qui ogni principio di galateo è andato a farsi fottere). M., italiana, pensa bene di prendere il cellulare e messaggiare mentre io fisso un'adorabile, quanto contorta, macchia di umidità sulla parete difronte. Il vecchietto in foto, infastidito (ah tu?!) dal beep! beep! degli sms, le prende il cellulare e lì mi incazzo. Sì, mi sento in dovere di difendere chi voglio bene, che sia Andrea o M. poco importa. Gli spiego che la situazione a tavola è insostenibile e che se mi sento esclusa da ogni singolo discorso a tavola, sono libera di fare quello che voglio. Il tutto in italiano fregandomene del fatto che il vecchietto non capisca una sola parola. Mi sfogo e basta, per farla breve. Mi risponde il Crucco Puzzolente (chi ti ha interpellato, idiota?!) e deliziamo i presenti con un simpatico quanto soddisfacente botta e risposta 

''E in Australia come pensi di fare?'' 
''in Australia si parla inglese, che io sappia''
''sì ma qui non ti ho sentito spiccicare una singola parola in inglese''
''PERCHE' NON HO INTERESSE A PARLARE CON TE SPIONE DI MER*A''

Credo che Andrea se avesse potuto avrebbe affermato di non conoscermi sebbene poco dopo mi abbia confessato di essere fiero di me. Crucco Puzzolente se mi provochi poi incassi. Silenzio, nessuno ha più osato fiatare a parte M. sconvolta dalla mia risposta. Che soddisfazione ragazzi miei, non potete neppure immaginare. Mi sono trattenuta fin troppe volte e sono stata più che educata, ho sempre fatto tutto col sorriso e fingendo buona volontà (non perché non mi piacesse quello che mi veniva ordinato di fare ma solo perché non lo meritavano).
Una sera, tutti i tedeschi (GC e prole compresa) hanno pensato bene di andare a mangiare la pizza in un paesino vicino senza minimamente avere la decenza di invitarci (ribadisco, per educazione, mica per altro!) e l'ho trovato squallido. L'ultima sera invece GC, pur sapendo che la mattina seguente saremmo ripartiti presto e che quindi non ci saremmo salutati a colazione, ha chiuso la porta e si è allontanata senza dire nulla, neppure un ''ciao, grazie per quello che avete fatto per noi'' di circostanza mentre io, Andrea, M. e B. eravamo attorno al tavolo a giocare a carte con tanto di pop corn. Lì ho perso le parole.

Lascio a voi, come al solito, le dovute considerazioni. Io non so cosa pensare, credevo che la vita di campagna fosse più spensierata, rilassata, che tutti si chiudessero in cerchio e ballassero fino a tarda sera, che si avesse rispetto e ammirazione per dei ragazzi che lasciano la città per imparare a seminare fagiolini e piantare cipolle (mia madre tuttavia è ancora lì che si chiede quando e come ho battuto la testa!). Non so cosa pensare, davvero. Ho parlato solo degli aspetti negativi perché meritavano di essere descritti in dettaglio stavolta, sappiate però che da parte dei ragazzi italiani che erano lì e dai bambini ho ricevuto tanto e ho dato tanto. Mi mancherà disegnare con la piccola T., fare passeggiate nel bosco a raccogliere insieme fiori di robinia e sambuco, meravigliarmi per la sua spiccata intelligenza, l'unica che mi abbia salutata con affetto e visibilmente dispiaciuta dal fatto che non avremmo più colorato insieme. Mi mancherà il piccolo O., il suo indicarmi i fiori per volerli mangiare, i suoi sorrisi sul dondolo, i suoi piedi nudi sulle rocce (impressionante come dei piedini così morbidi non provassero alcun dolore sulle pietre appuntite), la sua camminata goffa ed esilarante. Mi mancherà M., un'orchidea in mezzo a quel cespuglio di rovi, un po' folle ma allo stesso tempo adorabile. L'ho lasciata che era un po' su di giri, probabilmente dopo un pomeriggio passato a piangere (GC e N., lo zerbino squilibrato, sfogavano continuamente le loro frustrazioni di coppia su di lei) ha pensato bene di trovare una qualche consolazione.

Con questa si chiude la nostra esperienza di WWOOF in Italia. Ditemi brava, ditemi che non mi meritavo tutto ciò. Ditemi pure che so'stronza io, avanti!


WWOOF EMILIA #1

WWOOF EMILIA

E' giunto il momento di parlarvi della nostra seconda e ultima esperienza di WWOOF in Italia. 
I piani prevedevano che il 5 maggio saremmo partiti presso un'azienda in Toscana ma una volta a 4lee abbiamo deciso di disdire e di sperimentare la vita presso un ecovillaggio. Più volte durante la nostra permanenza lì mi sono chiesta ''chissà come sarebbe stato se fossimo andati a Pisa, staremmo meglio forse!'' e ora capirete il perché. 

I miei post a riguardo sono scoraggianti, me ne rendo conto, il mio obiettivo era quello di raccontarvi il meraviglioso mondo della vita di campagna e invogliarvi a provare ma a quanto pare questo compito non spetta a me. Partiamo con ordine. In stazione ad attenderci c'erano B. (tedesco), sua moglie H. (italo-tedesca) e il piccolo E. (un anno e mezzo) che da subito ci hanno fatto una bella impressione, incuriositi dalla nostra scelta ci hanno fatto una serie di domande e descritto in breve la vita all'interno di un ecovillaggio. Dai racconti di H. capisco subito che qualcosa non va, l'ecovillaggio è composto da una famiglia di 4 persone (di questa vi parlerò da un po', ah se ve ne parlerò!) e da B. poiché sia lei che suo figlio appena possono ''fuggono'' in una città piemontese, lasciando il marito e lo stile di vita rurale per condurre un lavoro che un giorno spera (ma non troppo) di poter trasferire qui, tra le montagne. 
Ci spiega che è difficile andar d'accordo quando si è costretti a stare 24h su 24 con la stessa famiglia (ripeto, non c'è nessun altro!), che il loro sogno è quello di realizzare una comunità di almeno venti persone, ciascuna con le proprie abilità e interessi da condividere. Fin qui, mi dico, tutto ok, è normale che si creino delle tensioni dal momento che non si può andar d'accordo con tutti, a maggior ragione se non si è in un condominio in cui chiusa la porta ognuno continua a farsi gli affari propri. L'ecovillaggio si anima tra le montagne emiliane ed ha tra i principi cardine l'ecosostenibilità (maddai?!), ha come scopo quello di vivere con quel che produce (obiettivo non ancora raggiunto all'100%), di ridurre gli sprechi, l'utilizzo di macchine agricole, petrolio e energie non rinnovabili. Tutto bello, ideali meravigliosi ma...

In macchina B. ci chiede della nostra alimentazione e ci spiega che se abbiamo esigenze particolari possiamo comprare (noi, con i nostri soldi) qualcosa al supermercato giacché siamo di passaggio; gli spieghiamo che no, non abbiamo esigenze specifiche e che finché c'è frutta c'è speranza. Nell'ecovillaggio si mangia vegano quindi non abbiamo assolutamente nulla in contrario, anzi. I loro sguardi non ci convincono ma decidiamo di non farci troppo caso. 
Una volta arrivati ci mostrano la nostra sistemazione: una deliziosa casetta su ruote con all'interno lo spazio necessario ad ospitare un letto matrimoniale, una stufa in argilla, qualche scaffale e un lavandino privo di acqua corrente. Niente water, se la notte ti scappa la pipì puoi farla tranquillamente fuori (prima però controllando che non ci siano occhi indiscreti. Oh sono pudica io!) con o senza gradi sotto zero. Se ti scappa altro, bè... son ca**i. L'ecovillaggio ha 3 roulotte, due bauwagen, una yurta e uno spazio al chiuso che ospita la cucina invernale, il garage e fortunatamente un bagno ma... non un bagno qualsiasi, un compost toilet. Quelle cose che finché non le vedi (e senti!) non ci credi, con tanto di cartello che ti invita a rilasciare i liquidi nel bidet e i solidi nel water per evitare di incasinare (che linguaggio tecnico!) il processo di fermentazione.

i miei stivali viola
Quindi ricapitolando: in un bauwagen viviamo io e Andrea, nell'altro H., B. e il piccolo E. La prima roulotte è abitata per un mese da due simpatici vecchietti tedeschi, in pensione e col sogno di girare l'Europa. La seconda roulotte ospita una coppia idioti di trombamici tedeschi (''amici speciali'' come amano definirsi loro); la terza invece ospita da mesi una quarantenne bolognese scappata di casa, M., alla ricerca di una vita tranquilla lontana dallo stress cittadino e dalla figlia (diciassettenne, incinta).

Nella yurta bianca invece vive il grande capo di sto fallo la famiglia che per prima si è stanziata lì, dopo anni e anni di wwoof alle spalle: N. (lo zerbino squilibrato), sua moglie S. (il grande capo di cui sopra), il piccolo O. (10kg di amore incondizionato) e la piccola T. (20kg di smorfie e lentiggini). L'attrazione dell'ecovillaggio è senza dubbio il compost toilet nel bosco (se ti scappa rischi di fartela durante il tragitto!), un'esperienza da provare all'alba.

Nell'ecovillaggio si lavora per sei ore al giorno, tre ore al mattino (sveglia alle 06.30. Amen.) e tre al pomeriggio ma ciò non toglie che ti incastrino in qualcos'altro da fare quando in realtà tu vorresti solo buttarti sul letto e aspettare il pranzo/cena. 
Essendo spesso in 13/15 persone, a turno di stava in cucina a pulire, a cucinare, a lavare i piatti, nell'orto, nel bosco. Se sei tra i privilegiati che quel giorno devono stare in cucina col Grande Capo significa che non andrai nell'orto, che puoi svegliarti alle 8:30, che puoi osare con una riga di eyeliner, che devi stare agli ordini del Grande Capo il quale molto probabilmente non vedrà l'ora di mollarti i figli perché troppo stressata, troppo impegnata a raccogliere le erbette nel campo e a sbucciare patate. Mon dieu!
Per quanto mi riguarda alla vista del mio nome sotto la voce ''cucina'' vacillavo e per quanto l'idea di fare colazione in silenzio, senza crucchi maleodoranti intorno e ad un orario decente mi allettasse, preferivo stare nell'orto. Lontana dal GC, se non si fosse capito. Io e il GC non ci stiamo simpatiche. 





Mi sono accorta che il post sta venendo più lungo del previsto quindi a seconda dell'interesse che vi susciterà questa prima parte, procederò con la seconda parte in cui vi racconterò gli aspetti negativi, tra cui le discussioni col Grande Capo. Eh eh!

Notizia bomba.

Ecco... Sì... Come dirvelo?... Facciamo una cosa rapida e indolore?

                                 CI TRASFERIAMO IN...




Tra un mese esatto sarò a Roma e mi attenderanno 24 ore prima che atterri a Cairns. Non sto nella pelle. Non vedo l'ora. Ho paura. Tanta paura. Alterno momenti di euforia a momenti di panico. 
I primi 30 giorni li passeremo vicino Cairns, ospiti di una (ricca!) famiglia che ha bisogno di due wwoofers per lavori nell'orto e nel frutteto. Nei mesi successivi passeremo di famiglia in famiglia ma abbiamo pianificato anche dei periodi lavorativi (i fruit picker sono pagati anche 20dollari l'ora!) così da poter approfittare di essere dall'altra parte del mondo per visitare la Tasmania, la Nuova Zelanda, le Fiji e la Tailandia. Sono disposta a tutto per qualche dollaro in più.
Sarà un'esperienza memorabile? Sicuramente sì. Sarà dura? Dati i miei standard e le mie fisime, decisamente sì. Acquisteremo un auto usata, Andrea guiderà per km e km lungo la costa est, apprezzerò ogni singolo giorno, sarò felice, sarò inca**ata, sarò euforica, vorrò tornare a casa, non potrò tornare a casa, mi mancherà la mia famiglia, mi ripeterò ''chica**omel'hafattofare?'', uhh un wallaby, oca**ounragnoenormeeeeeee!. Insomma, direi che ne avete di motivi per seguirmi da ora in poi. Non vorrete mica perdervi le nostre avventure strayane? 

Working holiday visa 

Biglietto Bari-Roma-Sidney-Cairns  

Zaino trolley CELO. Paura paurissima CELO pure questa. 


Il visto recita ''We hope that you enjoy your stay in Australia''. E' fatta. - 30 giorni.

WWOOF in Abruzzo

Le due settimane in Abruzzo sono ormai un lontano ricordo giacché la mente è completamente proiettata al luuuunngo viaggio che ci attende a giugno ma sono qui per raccontarvi come le abbiamo trascorse.

Il bilancio non è positivo - lo dico per i pigri che non vogliono arrivare in fondo - quindi mettetevi pure comodi. O meglio, sarebbe stata un'esperienza positiva per coloro i quali fanno wwoof per risparmiare, per ''tanto che sto a casa a far nulla...'' poiché sia il cibo sia la nostra sistemazione erano impeccabili. L'host C. ci ha riservato una stanza al piano di sopra, completamente indipendente e provvista di bagno. Quasi non ci credevamo una volta poggiate le valige, sembrava un albergo a tutti gli effetti e la vista... bè non era certo il panorama che ci riservano le finestre di Forlì. La casa è molto curata e per nulla simile alle abitazioni rurali tipiche di un host che accoglie wwoof.




Il nostro scopo era appunto ricaricarci di energia positiva, respirare aria pulita, ascoltare storie di campagna, emozionarci e conoscere belle persone. Dopo pochi giorni abbiamo capito che qualcosa non andava, l'host C. era fredda e distaccata e senza giri di parole ci ha spiegato che era molto stressata (?!), che non aveva tempo da dedicarci e che non ci voleva tra i piedi. Mi sono sentita malissimo (sono io quella che piagnucola tra i due!) e continuavo a ripetermi che non fosse giusto, che una volta preso un impegno questo va mantenuto (stesso motivo per cui non siamo scappati a gambe levate) e che si può anche fingere di sorridere ma mantenendo sempre le basi dell'ospitalità e dell'educazione; cose che ovviamente sono venute a mancare, sentendoci costantemente di troppo e evitati. Alle nostre offerte di aiuto spesso ci è stato risposto ''non adesso, faccio da sola, voglio stare da sola''. C. ci ha chiarito che avremmo condiviso solo i pasti e il lavoro (ma nemmeno troppo giacché il 90% del lavoro nei campi e non, l'abbiamo svolto da soli) e che ''condivisione non vuol dire fusione''. 

Cosa significa vi starete chiedendo. Ebbene, ci ha spiegato che dovevamo stare nella nostra stanza, che dovevamo scendere di sotto a mangiare quando ci chiamava lei, che alle richieste di gioco dei suoi figli dovevamo rifiutare (più di una volta mi sono trovata con i due bambini dispiaciuti ai nostri continui e falsi ''no, abbiamo da fare non possiamo restare con voi a giocare''), che non le sarebbe piaciuto chiacchierare con noi nei campi perché è solita lavorare in silenzio per comunicare con la terra (?!).



Una delle prime sere, ignari, abbiamo accettato l'invito del piccolo S. a guardare un film in salotto pensando non ci fosse nulla di male; C. non era in giro, arriva (colgo lo sguardo sbigottito!) e dopo cena ci spiega che dobbiamo rispettare i loro spazi (come abbiamo osato?) e che pur sapendo benissimo che l'invito è partito dai loro figli, lei non condivide, ci dice ''avete una tv in camera, ci sono libri a vostra disposizione''. Della serie, ne avete di cose da fare, fatele in camera vostra, perché noi siamo una famiglia e abbiamo i nostri spazi. In occasione di un'altra cena, ci siamo intrattenuti (sparecchiando e mettendo a posto la cucina, nel frattempo) in cucina perché S. ci stava mostrando alcuni suoi giocattoli e non ci sembrava carino zittirlo per andarcene il prima possibile in camera (e detto sinceramente, non avevo voglia di annoiarmi di sopra ma piuttosto di parlare con un umano che non fosse solo Andrea); tempo pochi minuti arriva il marito di C. (torna dopo cena a casa perché lavora altrove) e voltandomi mi accorgo che C. mi fissava da tempo come a dire ''quando ve ne andate?''. Guardo Andrea, ci capiamo e tagliamo la corda. ''Buona serata'' ci dice, ''Buona serata un ca**o!'' penso io. 
La loro abitazione è ovviamente lontana dal centro quindi nel pomeriggio (si lavora solo di mattina e si ha il pomeriggio libero oltre a due giorni a settimana) non abbiamo avuto modo di visitare o fare granché; siamo stati un paio di volte in piazza e per il resto del tempo in camera ad attendere la chiamata del ''la cena è pronta potete venire''. Sorrido al ricordo di quelle volte che ho assillato Andrea, alle volte che abbiamo simulato lo squillo del telefono perché le ore non passavano mai o stavamo morendo di fame; alle sere in cui non avevamo nulla da fare, nè qualcosa di decente da guardare in tv (ovviamente il wi fi al piano di sopra non prendeva, piccolo particolare che a B. sfuggiva) e tanto meno gente con cui uscire. Fa tutto parte del wwoof, non ci lamentiamo.
Il lavoro nei campi è consistito nell'impugnare la vanga per estirpare erbacce nell'orto e per la maggior parte dei giorni nell'ammucchiare i rami potati dagli ulivi (ben 300 ulivi, ho ancora gli incubi) per disporli nella strada che percorreva gli infiniti ettari di terreno e che sarebbero poi serviti a non so bene cosa. Piccolo dettaglio: sole a picco, paesaggio collinare, i miei polpacci che urlano 'basta' e i miei glutei che intonano 'ancora, ancora!'. 

''Andre quanti alberi mancano? Sono distrutta'' 
''Forse una decina'' 
''Maledetta!Che se li faccia lei!''

Salvo poi renderci conto di intere fiancate collinari ancora intonse. Le salite, ma anche le discese, con i miei stivali viola hanno fatto sì che i miei piedi dopo pochi giorni battessero in ritirata.

La sera del confronto, C. mi domanda se mi sono ripresa (per meglio dire, se ho digerito le ''regole'') e gli spiego che no, mi ci vorrà un po' prima che mi renda conto da che stro**a sono finita. Il piccolo S. domanda ''da cosa deve riprendersi?'' e lei gli risponde ''Sono stata un po' aggressiva questa mattina''. Che dire, almeno ho apprezzato la sincerità. Tra tutti, S. è quello che più si è mostrato entusiasta di averci in casa; il penultimo giorno dispiaciuto ci domanda:

''Quindi domani andate via?''
''Sì, S.'' (in cuor mio urlavo finalmenteeee!)
''No se perdete l'autobus e restate ancora qui''

Guarda S. con te tutta la vita, ma con tua madre... no grazie.


In sostanza cosa abbiamo imparato? Di agricoltura ben poco, tra i silenzi di C. e le ore trascorse con i 300 ulivi (loro sì' che ci hanno ascoltati, ho raccontato loro di quanto fosse triste la loro padrona e di scappare qualora avessero potuto) il resto del tempo l'abbiamo passato a mescolare saponi homemade (niente di idilliaco, sono io la sciocca che aveva immaginato stampi a cuore e saponette alla rosa canina), a pulire il garage, a fare marmellate d'arance (ma anche qui, dimenticate la ricetta della nonna, il tutto preso dal retro della confezione Cameo), a sollevare vasi pesanti e a sciacquare tonnellate di insalata per i pasti (erano tonnellate vero Andre?). La famiglia è vegana ma la frutta fresca è stata solo un miraggio. Alla domanda ''Andrea cosa mangi a colazione?'' ''Bè io solitamente bevo un litro di spremuta'' ''Ah. Non credo di poter soddisfare questo tuo bisogno'' ''O comunque frutta fresca'' ''Ah. Noi mangiamo poca frutta''. Io al quinto giorno di pane e marmellata (non mi piace la marmellata) avevo la nausea e mi sono buttata sul burro d'arachidi per poi tornare al pane bianco.

Una mattina Andrea ha la felice idea di cercare un dialogo con C. e inizia a dirle la sua su quanto aveva letto circa estrattori e centrifughe, lei lo ascolta svogliatamente (io mi godevo lo spettacolo avendo deciso deciso di non rivolgerle più parola se non per rispondere a domande) ma poi esplode (me lo sentivo) e gli si rivolge stizzita con ''perché mi dici queste cose? Io so già tutto'' ''Mah, per parlare, per confrontarci, scusami'' ''Io le so queste cose, ho più esperienza di te, tu hai solo letto etc''. Io lì sbigottita e al tempo stesso meravigliata per l'autocontrollo di Andrea. Ma non è finita qui, qualche giorno dopo C. scopre che Andrea sta tagliando le arance sul piano di lavoro e non su un tagliere e...

''Andrea ti ho visto! Così mi tagli il piano di bamboo, è costoso sai?''
''Sto facendo attenzione, non sto tagliando il bamboo''

3..2..1

''Eh no perché tu sei molto intelligente ma per queste cose non hai intelligenza pratica, sei tutta teoria ma nella vita bla bla bla''. WTF? Il tutto con un tono saccente e decisamente fuori luogo.
Io ancora una volta basita dal sermone che è riuscita a tirare fuori da un ca**o di piano in bamboo. Mi sarei avventata al collo a mò di mamma leonessa ma decisi che sarebbe stato meglio tacere e rivolgerle il mio sguardo più truce. Ma ancora...
Prima di una delle tante cene C. mi chiede come abbiamo passato il pomeriggio e dopo averle spiegato che ''mah, al solito ci siamo annoiati'' ha il coraggio di rispondere ''ah potevate continuare a lavorare!''. Non ho osato commentare perché avrei potuto rispondere, boh, con le mani?
Quella stessa sera decidono di non avere fame e che avremmo cenato solo io e Andrea mentre tutta la famigliola si sarebbe riunita sul divano per guardare, con tanto di pop corn, un dvd. Non ricordo molto di quell'episodio, so solo che ci sono rimasta malissimo quando al nostro ''buona notte'' nessuno ci ha degnato di uno sguardo e di aver centellinato ogni singolo chicco di riso pur di restare ancora lì ad ascoltare il film. So essere patetica quando mi impegno :)

Mi fermo qui con i racconti ma avrei tanto da aggiungere e mille considerazioni da fare; mi limito a sottolineare che non è stata una bella esperienza (l'avevate intuito?), che non è andata come speravamo (non abbiamo imparato niente, l'ho già detto?) e che quello che avrei gradito sarebbe stato SOLO non sentirmi ogni singolo giorno un peso. Avrei barattato volentieri le lenzuola pulite con qualche chiacchierata e risata in più. Mi resterà il ricordo di S., intelligente come pochi bambini della sua età con la speranza che le sue lezioni di chitarra vadano meglio, che non torni più a casa in lacrime (con la famiglia che lo snobba perché ''sono solo capricci'') perché ''se non faccio chitarra, mamma non mi manda a basket'' e che non si senta più escluso dal ''gruppo dei fighi'' della sua classe solo perché più intelligente e più basso degli altri.

Il mio consiglio agli host del WWOOF? Se non siete umanamente in grado di ospitare ragazzi nel vostro spazio vitale e invalicabile, pagate degli operai.
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